Il 25 Settembre è un giorno interessante per l’Italia, ma non particolarmente sorprendente. Per la prima volta una donna sale al governo e per la seconda in meno di un centenario i valori rappresentati sono protofascisti. Per quanto gli slogan della nuova premier Meloni, a capo di un partito che trasuda patriarcato dal solo titolo “Fratelli d’Italia”, siano preoccupanti, ella porta avanti una retorica qualunquista e un’agenda politica internazionale periferica, a modello di altre nazioni europee. Quindi prima di cedere a l'allarmismo, i conti da farsi sono con la poca originalità ideologica e la triste ripetizione della storia. Difatti la Meloni, rafforza tendenze fasciste in Europa, ma soprattutto rappresenta la coscienza politica campanilista dell’italiano medio che vede nel lavoro, nella casa, nella famiglia i pilastri su cui fondare la propria esistenza e l’appartenenza nazionale.
Per quanto la pandemia abbia ristretto le vedute e i desideri del bel paese, non si vive di sola pasta e pomodori, ma anche di ideali e l’Italia, demograficamente vecchia e ideologicamente spompata si è dimenticata l’importanza di pensare tridimensionalmente nel tempo e nello spazio. A detta di David Graeber se la democrazia è l’autogoverno comunitario, in occidente l’individuo è un attore che ha già sciolto ogni legame con la comunità. Purtroppo coloro i quali sono consapevoli della necessità di cambiamento sono ostacolati dalla forma democratica stessa che in Italia si replica attraverso il voto per opposizione alle politiche impaurite e narcisiste della destra e senza progettualità a lungo termine. A servizio dell’instabilità generale, che nutre le paure della democrazia italiana e della sua popolazione sfaldata tra difficoltà esistenziali e aspirazioni borghesi, emerge una classe governativa che ben lungi dal perseguire diritti e opportunità orizzontali, si proclama oligarchia dei retrogradi e dei poco informati. Tuttavia in pantofole e in maggioranza, portando con sé il crocifisso questi vanno a votare, rappresentando l’ultimo baluardo di comunità. Da questo gesto meccanico e senza aspirazione sempre più corpi vengono forzati nell’invisibilità: l’esistenza si divide in legale ed illegale.
La protezione e lo sviluppo del comunitario dopo decenni di politiche imprenditoriali neo-liberali è ciò che scarseggia in Italia e che si riflette in questo governo nascente. La mancanza di prospettiva collettiva intacca non solo le soggettivitá storicamente più svantaggiate ed oppresse ma ora si ripercuote al di la di classe e provenienza anche su tutti coloro che si identificano come LGBQT+, in necessità di un aborto oppure di fronte ad un divorzio. L'estensione capillare di questa oppressione identitaria dal sapore nazionalista, pro-life, omofobo, pone molti davanti ad un bivio, perire o agire per un riscatto collettivo. Ricordare l’esperienza partigiana come esempio di alleanze interclasse, trans-generazionali, sovra-regionali e di disobbedienza, non è così fuori tempo massimo: per alcuni la lotta era un diritto per far valere il diritto di tutti. Disobbedire per tutelare l’intera popolazione, chi vota solo per i propri interessi, chi per opposizione e chi non vota, può evitare la punizione peggiore: la delusione di un presente perpetuamente passato che si consolida in questo risultato elettorale. Non c’è molto da perdere, ma molta energia collettiva da investire.
Nello spirito di questa collettività fantasmatica, invece di trovare il capro espiatorio, oppure inneggiare all’apocalisse politica, mi piacerebbe spostare l’attenzione dalle urne alle case, dalle case alle scuole, dalle scuole alle discoteche, dalle discoteche agli ospedali, dagli ospedali ai tribunali, dai tribunali alle industrie, dalle industrie ai centri commerciali, dai centri commerciali ai centri per rifugiati e pensare alle vite che al loro interno, non rappresentate da questo governo possono appartenere le une alle altre e iniziare a pensarsi in modo diverso: ribelle, fuorilegge, criminale. Criminalità contro un governo che tradisce i diritti umani è un obbligo morale, così come iniziare un lavorio politico non riconosciuto come tale dalla legislazione; quello dell'auto organizzazione, del supporto reciproco, della costruzione e condivisione di un immaginario diverso e di un lento capovolgimento. Chiaramente quanto propongo è complicato da ritrarre e ancora più difficile da iniziare in questo regime della tristezza.
Ammettere che soffriamo tutti di amnesia e abbiamo dimenticato cosa voglia dire avere facoltà immaginative e quindi progettuali è il primo passo. Non sappiamo come stare insieme se non bevendo caffè su piccoli tavolini al bar, guardando la partita, desiderando le vite degli altri sbirciate dai nostri cellulari oppure a pranzo la domenica con i parenti. Né come creare discorsi, se non ripetendo quelli del telegiornale, imparando quelli supervisionati dall’istituzione universitaria, oppure partecipando all’industria culturale in cui le uniche pratiche che si consolidano sono quelle di genere economico-amicale. Non sappiamo come avere cura di ciò che è diverso da noi, se non attraverso strutture di potere, ruoli di genere e la sacra santissima carità cattolica, né come proteggerci se non schermando l'altro. Non sappiamo come entrare in contatto con la natura se non essendo naturalisti, vegani, spirituali, eco-fascisti e come sopravvivere in modo significativo se non seguendo il circolo vizioso del lavoro-consumo-lavoro. Non sappiamo come riposarci, se non di notte tra ansia e sonniferi e non sappiamo più neanche come amare, ma desideriamo sempre stare insieme per non stare da soli. Questi modelli di vita sono predefiniti dalla storia e trasmessi dalla cultura capitalista, ma non sono immutabili: tutte le eredità possono essere messe in questione.
Questa complessa epoca e la sua polarizzazione socio-politica in cui parte della popolazione diventa nemica del governo e i rappresentanti politici vanno contro parte della popolazione, rappresenta un’opportunità per l’italia, che scarsamente consapevole della propria frammentazione può tentare di ricostruire un principio di appartenenza oltre il campanilismo e la competizione economia. E’ un invito questo ad unirsi di notte, dando una chance ai vicini e una mano ai lontani, tutti, senza fare troppo rumore e complottare, creando critica, pianificare intaccando, boicottando, demolendo. Non sconfitti, ma in continua fuga, non sotto-rappresentati, ma irrapresentabili, non accondiscendenti, ma ingovernabili, non avviliti, ma entusiasti per un nuovo tempo a venire e in cui questo entusiasmo si riflette nella creazione di un modo di relazionarsi rilevante per il futuro: il dialogo tra molteplicità. Non dalla semplificazione per opposizione (e binaria), ma da questo esercizio di complessità, maldestra a tratti, si possono scavare le motivazioni concrete che impigriscono la popolazione al punto di non desiderare altro che la sua stessa oppressione.
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- FOOTNOTES
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David Graeber, Critica della Democrazia Occidentale: nuovi movimenti, crisi dello Stato, democrazia diretta, Eleuthera, 2012.
IMAGE CREDITS
Asta Gröting, Berlin Fassaden, 2017. Courtesy the artist.